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Cardito

CARDITO. Stanno tutti bene e ognuno continua a fare il proprio mestiere

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CARDITO – Una città di ventitremila abitanti, un piccolo paese a nord di Napoli, una comunità attiva e fervente che la mattina si desta di buon ora e va a lavorare, ingolfando già nelle prime ore le strade urbane. Eppure, anche qui, dove tutto procede secondo un cronoprogramma ben preciso, illustrato, descritto e anticipato, si ha l’esigenza di essere deleteri, pessimisti, catastrofisti e perché no anche un po’ sadomaso.

Vi avevamo lasciato con i vari annunci del sindaco Cirillo dove informava dei lavori di via Donadio, delle rotonde, Corso C.Battisti, il Teatro Comunale, il Palazzetto e così via… Poi cosa è successo? Nulla. I carditesi non sono stati contenti. L’attesa tra l’inizio e la fine dei lavori era tanta e allora qualcosa tra un’opera pubblica ed un’altra si doveva pur dire e cosa migliore di una visita della Guardia di Finanza tra le mura del Comune per far cominciare a parlare anche l’ultimo dei nemici carditesi che, dopo le innumerevoli dichiarazioni del sindaco Cirillo, era già corso nel primo bar ad affogare la propria collera in un bicchiere di Negroni?

Per giunta poi, una bella mazzata sui coglioni se la danno anche quelli dello stesso partito del sindaco che, non contenti, prima dimettono la carica di capogruppo nella persona di Luigi Fusco e poi una delega da assessore nella persona di Francesco Boemio.

Passa il tempo, non cambia nulla, chissà quali erano le richieste, sicuramente personalistiche, di quelli del PD e ieri sera in una riunione di maggioranza chiarificatrice, tutto rientra. Luigi Fusco ritira le dimissioni da capogruppo del PD, Boemio accetta di nuovo le deleghe e tutti vissero felici e contenti. Risultato? Si è perso un mese e mezzo di tempo, un mese e mezzo dove non si sono fatte riunioni di giunta che consentissero la messa in atto di un cronoprogramma abbastanza folto di opere e provvedimenti. Con la speranza che questa maggioranza abbia imparato la lezione e che faccia ammenda, dai propri errori, di quanto sia deleterio pensare solo ed esclusivamente ai propri interessi.

Stamattina in Consiglio Metropolitano è stato deliberato il Teatro Comunale di Cardito, una medaglia che il primo cittadino si appunta in petto con estremo piacere visto che solo grazie alla sua intuizione e intermediazione da Consigliere metropolitano è stato possibile portare a casa questo risultato. Così, al di là dei nemici storici del sindaco, oggi tutti cominciano a salire sul carro del vincitore, anche chi fino a ieri gli ha fatto la guerra perché non è riuscito ad entrare nel suo staff e oggi scrivendo su nulla, letto da nessuno, si crogiola in dei dati che lui e solo lui riesce a scorgere. Oddio, in questo clima di festa, tutto è consentito se tutto è funzionale alla serenità di un’amministrazione che deve lavorare per il bene del territorio. Ma a Cardito le cose, stranamente, vanno bene per tutti.

Sono contenti anche i nemici di Cirillo che già hanno cominciato a stappare bottiglie di champagne per gli imminenti arresti che da qui a poco la Guardia di Finanza effettuerà nei confronti del primo cittadino e del dirigente Pasquale Imbemba. Ma torniamo un attimo seri, sempre se in queste terre desolate, ci sia rimasta un po’ di serietà.

È innegabile che nel centro storico, così come in via Donadio siano stati fatti degli abbattimenti e ricostruzioni, ma è anche vero che alla prima picconata siano partiti degli esposti a firma dei soliti noti, quelli della raccolta firme al cimitero per intederci – devo trattenermi dalle risate quando penso alla raccolta firme al cimitero – ed è naturale che dietro a degli esposti la magistratura fa il suo corso, logicamente c’è sempre da sperare che il tutto sia stato fatto nell’interesse pubblico ma da qui ad augurarsi che qualche illecito venga fuori ce ne vuole. Allora qui bisogna anche domandarsi chi è il vero nemico di Cardito?

Ai veri carditesi non interessa se al posto del 35% di cubatura, il costruttore ha fatto uscire il 38% o se al posto di un deposito è uscita fuori una mansarda, queste sono cose che comunque chi ha commesso l’illecito pagherà se ci sarà configurazione di reato.

Oramai quel manufatto che c’era prima e che comunque non era interessato dalla Soprintendenza, oggi non c’è più. In quel posto un privato ha deciso di fare business, comprando il suolo, abbattendo e ricostruendo secondo quanto previsto dalla legge. Poi, se ha approfittato o meno su qualche limite con o senza di connivenze da parte del Comune, queste sono cose al vaglio degli inquirenti, ma che non si faccia passare il messaggio che l’operazione in toto non si sarebbe mai potuta fare o che si è fatta solo perché il primo cittadino come lavoro fa l’ingegnere e quindi ci sono interessi interconnessi, perché si incappa nella malafede e nel fango.

Chi amava la villa di via Donadio, specialmente qualche Consigliere che ha scritto fiumi di post e che è alla Presidenza di Associazioni sul territorio, perché ha permesso che un costruttore caivanese facesse affari in quel luogo e non ha comprato lui quella villa per preservarla? Dopo siamo bravi tutti a dare alito alle trombe.

Il fatto ne è uno solo, che a Cardito dagli annunci del primo cittadino ad oggi, non è cambiato nulla. Il sindaco e la sua amministrazione vanno avanti per la loro strada portando avanti il cronoprogramma delle grandi opere. Chi si vende per quello che non è continuerà a scrivere sul nulla di nulla in maniera autoreferenziale. Chi è abituato a gettare fango, continuerà a spalare fango con la speranza che alla fine possa rimanere da solo per poter finalmente vincere le elezioni e le forze dell’Ordine continueranno a fare il proprio lavoro per tutelare i cittadini carditesi. Fine di una storia triste di politica carditese.

Cardito

CARDITO. Il Consigliere Russo attacca il Sindaco sul tema staff personale, riportando dati falsi

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CARDITO – Non sempre un giornalista critico della politica entra nel merito del dibattito pubblico se non per evidenziare le fake news legate alla demagogia spicciola che possono uscire fuori dalle dichiarazioni degli addetti ai lavori.

È quanto successo pochi minuti fa nel comune del cardellino con le dichiarazioni del Consigliere Andrea Russo che affrontando un tema demagogico come quello dello sperpero di denaro pubblico legato all’assunzione degli organi formanti lo staff del Sindaco, dichiara, attraverso un video postato sui social, alcune falsità al solo scopo di alimentare rabbia e impopolarità nella figura del primo cittadino. Ma andiamo ad analizzare i fatti.

Andrea Russo nel suo video asserisce che il Sindaco Giuseppe Cirillo abbia portato il numero dei formanti lo staff da 3 a 5 soggetti, lasciando intendere una volontà da parte del primo cittadino su un ulteriore esborso di denaro pubblico. Nulla di più falso. Gli staffisti nel comune gialloblu sono sempre stati tre. All’inizio furono assunti Andrea Fisher – staffista storico – Vincenzo Russo, Nicola Di Micco e Biagio Barra, poi si decise di nominare il Di Micco dirigente dell’ente sfruttando l’Art. 110 del Tuel, liberando così una casella dal capitolo di bilancio posto in essere sullo staff del Sindaco. Da allore quella casella è rimasta vuota per parecchi mesi, facendo risparmiare, in realtà, soldi ai contribuenti.

Oggi il primo cittadino, vuoi perché oberato di lavoro, vuoi perché abituato ad avere la segreteria con impegni suddivisi su tre elementi, ha pensato bene di assumere due figure part-time. Praticamente la casella lasciata vuota da Di Micco sarà riempita da altri due staffisti allo stesso costo di sempre da parte dell’ente.

Il dato politico che esce fuori è quasi pari a zero. A queste latitudini si cerca di fare opposizione sul nulla. Si comprende e va bene il gioco delle parti, ma non si può parlare a distanza di tre anni dopo aver passato gli stessi anni tra i banchi di maggioranza accompagnati dal mutismo selettivo cronico e svegliarsi su questioni, inesistenti tra l’altro, solo ora e per giunta raccontando frottole. Ci aspettiamo altro da un professionista come Andrea Russo che in quanto tale dovrebbe anche capire che anche il confronto con i comuni limitrofi non regge. Gli altri enti non hanno a capo un Sindaco che deve destreggiarsi tra impegni locali e metropolitani, quindi che ben vengano occhi vigili sul territorio atti ad arginare facili distrazioni o dimenticanze. Non mi si venga neanche ad incolpare il primo cittadino per la doppia carica, dato che la sua visione sovracomunale è sotto gli occhi della città e la ricezione di decine di milioni di euro non è da tutti.

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Afragola

Stupri, violenze e omicidi. Facile fare il prete anticamorra con la legge che li obbliga a non denunciare

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Facile fare il prete di periferia negli addensamenti di povertà a nord di Napoli. Basta avere l’ambizione di andare a colmare un vuoto lasciato dalla politica e dalle istituzioni con l’aiuto della fede e della toga e un po’ di predisposizione all’egocentrismo. Aspettare che un tragico evento si verifichi e attendere, inesorabilmente, lo stuolo di colleghi giornalisti che, non sapendo chi intervistare, dato che a queste latitudini la politica è sempre assente per autoimplosione, si rivolgono al personaggio più populista e demagogo rimasto sul territorio.

Allora la riflessione che voglio fare oggi, così come esposta ai tempi dei fatti che riguardarono l’omicidio di Fortuna Loffredo è: la Chiesa che da secoli cerca di colmare i vuoti creati dalla cecità dei governatori sarebbe in grado di aiutare, fattivamente, le vittime di questi efferati delitti?

Tutti noi sappiamo che secondo l’art. 200 c.p.p. la legge italiana rispetta il segreto confessionale tanto che stabilisce che: il sacerdote a cui è stato confessato un reato NON può essere obbligato a essere chiamato come testimone in un processo. Al contrario, come recita l’art. 622 c.p., violare il segreto confessionale potrebbe costituire reato: il sacerdote che dovesse violare il segreto confessionale per un qualsiasi motivo NON previsto dalla legge, rischia la reclusione fino a 1 anno e una multa che può variare tre le € 30 e le € 516.

D’altro canto, invece, è pur vero che la Corte di Cassazione con la sentenza n. 6912 del 14 gennaio 2017 ha chiarito che il sacerdote che NON DEVE violare il segreto confessionale è tenuto a collaborare con la giustizia. Il segreto confessionale cade nel momento in cui il fedele confessa di essere, ad esempio, stata vittima di violenza. Il sacerdote che, in sede di processo, si rifiuta di testimoniare o mente durante la deposizione rischia la reclusione fino a 6 anni per il reato di falsa testimonianza.

La differenza sta proprio qui! Se a confessare il reato è chi commette il reato? Allora vale la prima ipotesi, ossia, il prete è tenuto a non denunciare ciò che gli è stato riferito in confessione. Ma questo principio ecclesiastico, condiviso anche dalle norme laiche della nostra Costituzione, in verità, quanta carità cristiana serba in sé?

Facendo un’opportuna riflessione sociologica, da anni il tema della religiosità dei mafiosi, o dei criminali in generale, apre lo scenario a molteplici piani di analisi: da una parte, occorre chiedersi che significato assumono le devozioni e le ritualità religiose e che ruolo svolga il ricorso alla fede all’interno di certi contesti, dall’altra è indispensabile valutare le posizioni che la Chiesa ha progressivamente espresso nella storia. Lo studio delle organizzazioni mafiose lascia emergere il dato piuttosto singolare di una religione che diventa strumento di legittimazione, offrendo motivazioni agli atti criminosi, alleviando le paure e le angosce nutrite dagli affiliati per il proprio destino personale. Ed è per questi motivi che si può benissimo pensare che anche un reato come lo stupro può facilmente essere confessato ad un protettore di anime.

Allora la domanda sorge spontanea: a quali responsabilità la Chiesa espone un prete di periferia, pastore di un addensamento di povertà come quella del Parco Verde? Quale peso deve sopportare un prete anticamorra se tali principi lo devono, per forza maggiore, relegare alla figura di un inerme testimonial della lotta? Ma soprattutto come si sentirebbe l’uomo che alberga sotto la toga a sapere di essere stato costretto a non evitare tale scempio?

Allora l’ultima osservazione che vorrei fare è quella del ruolo della Chiesa nella società moderna. Forse, dico forse, con tutta la modestia possibile, sarebbe il caso di far scendere realmente in trincea chi, almeno a parole, dichiara di voler salvare la vita alla povera gente su questo umile pianeta e far sì che chi sappia denunci immediatamente.

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Caivano

Colpite delle auto di una concessionaria durante una sparatoria a Cardito

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Ieri notte alle ore 2:20 circa a Cardito, i carabinieri di Caivano sono intervenuti a via I Maggio angolo via della Repubblica per una segnalazione di colpi d’arma da fuoco. Alcuni colpi di arma da fuoco sono stati sparati verso 4 auto che erano all’interno di un concessionario, 7 i fori causati. Sono in corso le indagini della vicenda.

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